Torta di mandorle…di Varzi

Squisita la torta di mandorle di Varzi: uova, farina, burro, scorza di limone e mandorle di prima scelta… resta buona e fragrante per un sacco di tempo.

Nel 2006, la torta di mandorle di Varzi, ha ottenuto il marchio Deco, la denominazione di origine comunale protetta che ne attesta la paternità… come i “brasadè di Staghiglione“.

Questa ricetta, con qualche ingrediente diverso rispetto a quelli dichiarati da chi la produce, è uscita da un vecchio quaderno, annotata proprio come “torta di mandorle di Varzi”. Io ve la propongo con  la mia solita rivisitazione relativa alla farina e se poi non è proprio quella di Varzi, beh, in effetti, questa ha ricevuto solo la certificazione SaC …. Sbranata a Colazione… 😉

Ingredienti

  • 300 gr di farina bianca di farro;
  • 200 gr di zucchero;
  • 150 gr di mandorle pelate;
  • 50 gr di mandorle sgusciate;
  • 100 gr di burro;
  • 1 uovo;
  • 15 gr di fernet;
  • 8 gr di lievito per dolci;
  • un pizzico di sale.

Preparazione

Versare sulla spianatoia la farina, unire il burro (freddo di frigorifero) tagliato a pezzetti ed impastare rapidamente fino a sabbiare il composto.
Unire le mandorle tritate ed il lievito e raccogliere l’impasto a fontana; versare al centro lo zucchero, l’uovo intero leggermente sbattuto ed il fernet.
Impastare il tutto lavorando velocemente il composto.
Raccogliere l’impasto ottenuto a palla, avvolgerlo in un foglio di pellicola e porlo a riposare in frigorifero per almeno 30 minuti.
Trascorso il tempo indicato, stendere l’impasto, trasferirlo in uno stampo imburrato ed infarinato del diametro di cm 28.
Decorare con i rebbi di una forchetta.
Cuocere la torta per circa 35 minuti con forno preriscaldato a 200°.
Nota: l’uovo è stato utilizzato intero per ottenere una pasta piu’ secca.

6 thoughts on “Torta di mandorle…di Varzi

  1. Prestigiosa la certificazione Sac 😉 . Mi piacciono le tue ricette tirate fuori dalla soffitta della memoria, “rinfrescate” e riproposte!! Un bacio!

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  2. questa è una torta splendida! complimenti! 🙂
    grazie di essere passata da me! ti ho aggiunto tra i preferiti e aggiunto tra i sostenitori!! ^_^
    a presto!

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  3. ciao, sono qui su indicazione di libera di “accanto al camino”, e devo dirle grazie per avermi fatto conoscere il tuo blog, credo che ci girero’ spesso!
    non ho allergie o intolleranze, ma mi piace l’idea di usare farina alternative, se poi portano ai tuoi risultati ancora meglio!!!

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    • Grazie per la tua gentilezza, ho fatto “due passi” fino al tuo blog e ho trovato davvero un sacco di cose golose …
      P.S. Vedo che “la tattica dell’espressione implorante” è davvero cosa comune da affrontare quando si ha a che fare con dei golosi a quattro zampe;)
      La mia Silka, quando si mette, sembra che abbia fatto scuola di recitazione
      Antonella

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    • Dal quaderno uscito dalla soffitta: bisognerebbe chiedere alla nonnina che l’aveva scritta (e che allora certamente non si faceva troppi problemi con i limoni bio). Purtroppo, però, non è più tra noi. E quindi bisogna prenderla così com’è, senza pretendere di avere la ricetta vera e originale come, mio personalissimo parere, si dovrebbe fare con tutti i piatti tipici e tradizionali dei nostri vecchi.
      Oggi, c’è sempre qualcuno, qualche ente, qualche associazione di appassionati, qualche azienda che riesce, più o meno correttamente, più o meno con buone intenzioni, a fare “certificare” qualche piatto tipico o qualche ricetta tradizionale.
      Secondo me, ed è un parere ripeto personalissimo, a volte può essere una cosa interessante e utile, altre volte è una solenne …
      La ragione è molto semplice: tranne forse i piatti “della festa”, difficilmente la cucina di una volta, fatta soprattutto di piatti “poveri”, era così standardizzata; spesso le ricette cambiavano non solo di paese in paese ma anche di giorno in giorno, a seconda di quello che passava il convento.
      Ti faccio un esempio: la panissa, il tipico riso e fagioli del vercellese e del novarese. A parte il fatto che tra la ricetta del vercellese e quella del novarese c’è una differenza tale da poterle considerare relative a piatti differenti, è certamente possibile mettere su carta una ricetta base, mediando i dettagli delle mille ricette che ci sono. Dire che una sia più giusta di un’altra è un assurdo!!!
      E ti spiego il perché: nel contratto delle mondine il pranzo era parte del compenso ed era a carico del padrone che, all’inizio della monda, lo contrattava in tutti i dettagli: per ogni giorno lavorativo c’erano tot. fagioli a testa, tot. lardo a testa, tot. riso a testa, tot. sale a testa, ecc., ecc,. Nelle cascine dove il padrone era un po’ più benevolo o dove le mondine erano più toste, il pranzo era più sostanzioso e la panissa più ricca, nelle altre, invece, lo era meno. Nello stesso anno, quindi, di cascina in cascina la ricetta cambiava … per ragioni “sindacali”! Se poi l’annata precedente il raccolto era stato scarso …
      Tutto questo per dire: anche in cucina, la verità in tasca non ce l’ha nessuno … c’era una nonnina del vogherese che faceva la torta di Varzi in questo modo; io ho copiato la ricetta, cambiando la farina (per motivi di salute), e l’ho pubblicata, specificando che non è certo quella DOP. Se invece del limone bio lei ci metteva il fernet, che dobbiamo fare? Per punizione, le togliamo le preghiere per i prossimi cinque anni?
      P.S. Scusa il ritardo della risposta ma, come avrai capito, da un po’ di tempo ho “momentaneamente” sospeso l’attività sul blog.

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